L'Italia è, insieme alla
Spagna, l'unico grande Paese europeo ad avere un comparto dell'affitto fortemente minoritario.
Eppure nel nostro Paese è in grande crescita la domanda di
abitazioni in locazione proveniente dalla classe media,
quantificabile in mezzo milione. Alla base non ci sono solo ragioni economiche,
ma un crescente interesse per un nuovo concetto "più
flessibile" dell'abitare. Ecco perché - secondo una ricerca
condotta da Nomisma e dal Censis - è necessario creare una serie di regole
e incentivi per permettere agli investitori di realizzare abitazioni da dare in
affitto.
Una nuova domanda di casa
I
cambiamenti che stanno interessando il comparto dell'abitare e quello
dell'affitto in particolare sono al centro della ricerca
"Investire sulla casa" realizzata da Nomisma, Censis e
Sidies. Il nostro Paese si trova oggi in una fase di crescita della domanda di
locazione: ciò non solo per effetto della crisi, ma anche in relazione a
fattori culturali. Soprattutto nelle grandi città, c'è una fascia di popolazione
- nuove generazioni, ma anche famiglie e immigrati- che guardano con interesse
all'affitto perché più vicina a un idea di casa come servizio, in una logica di
flessibilità dei progetti di vita. "Abbiamo stimato - spiega Mario Breglia, presidente di
Sidies - che c' é una nuova domanda di affitto
non di necessità, quindi della classe media, di circa mezzo milione di persone:
sono famiglie, giovani e immigrati che possono pagare canoni di almeno 500 euro
al mese".
L'interesse
degli investitori
Insieme
a una crescente domanda, la ricerca mette in evidenza anche un potenziale
interesse da parte degli investitori. Un interesse che fatica a concretizzarsi
per il permanere di una serie di fattori penalizzanti: il regime fiscale
opprimente ed in continuo cambiamento, il quadro normativo incerto e gli
elevati rischi da locazione, nonché la complessità dell'apparato burocratico.
Una strategia complessiva
Proprio
per queste ragioni, è necessario intervenire sui fattori di rigidità del
mercato per dare nuovo slancio agli investimenti pubblici e privati. La ricerca
propone quattro matrici di intervento fondamentali.
·
Intervenire sulla regolazione, creando oltre ad un sistema di regole più incisivo (in termini
di diritti e doveri delle parti), un sistema di garanzie per abbattere i
fattori di rischio del conduttore che rassicuri gli investitori senza togliere
le tuteli ai soggetti socialmente deboli;
·
Introdurre forme stabili di incentivazione: la tassazione in tutte
le fasi, d’investimento, realizzazione, messa a reddito, va regolata in modo
opportuno, non penalizzante, se si intende incentivare l’offerta in affitto;
·
Omogeneizzare, semplificare e stabilizzare le normative e le pratiche amministrative che regolamentano l’attività di
sviluppo immobiliare, a partire dall’urbanistica; ricordando che oggi la
farraginosità delle regole, l’incertezza di tempi e procedure, di fatto giocano
contro gli obiettivi che, almeno teoricamente, sono condivisi da tutti: quelle
di rinnovare la città esistente e le sue zone sottutilizzate/degradate,
contenendo l’urbanizzazione di suoli non ancora compromessi e valorizzando il
vasto patrimonio di case sfitte;
·
Investire
sulla comunicazione per
sostenere e diffondere una visione più evoluta dell’abitare.
·
L’affermazione di un rapporto più evoluto tra iniziativa privata
e settore pubblico, in cui
quest’ultimo leghi il suo ruolo alla regolazione/controllo dei processi anziché
all’intervento diretto.
·
L’innovazione del prodotto edilizio: il patrimonio in
affitto è spesso il più degradato e inadeguato in termini dimensionali e di
servizi. Modernizzare dal punto di vista energetico e funzionale gli stock
immobiliari esistenti, come anche innovare i sistemi di costruzione riuscendo
ad ottimizzare i costi del nuovo, rappresenterebbe un passo in avanti
importante.
Scritto da: team 21 maggio 2015, 9:57 Fonte:
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